Sono gli assorbenti che le donne usano una volta al mese per circa 40 anni. Campagne e petizioni condotte sinora non sono bastate per ottenere la ‘tampon tax’, cioè l’abbassamento dell’aliquota sugli assorbenti femminili al 4%. Il tema viene riportato in auge ad ogni legge d Bilancio o ad ogni festa della donna e il problema non riguarda solo le donne, ma tutte le famiglie, soprattutto quelle a mono reddito in cui si devono comprare gli assorbenti per mogli e figlie a carico.
Lo scorso 24 giugno il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza, con 378 voti favorevoli, 255 contrari e 42 astensioni, una risoluzione legislativa che esorta gli Stati membri ad eliminare la ‘tampon tax’, per non indebolire o revocare i diritti alla salute sessuale e riproduttiva.
Già dal novembre 2006 la direttiva europea 2006/12/Ce consente ai Paesi membri di ridurre l’Iva su questo bene. Non tutti l’hanno però adottata. Francia, Portogallo, Belgio e Olanda hanno tasse fra il 5 e il 7%, intorno al 10% Polonia, Estonia, Austria e Spagna e la Germania l’ha diminuito lo scorso anno. Percentuale più alta dell’Italia l’hanno la Danimarca e la Svezia.
Nel resto del mondo le iniziative sono diverse: tassa eliminata nel 2015 in Canada, in Australia è un bene di prima necessità, la Scozia da novembre 2020 ha emanato la legge Period Products Bill che garantisce la fornitura gratis alle donne, mentre in Europa solo l’Irlanda ha gli assorbenti a tasso zero.
Tra le iniziative italiane per eliminare l’Iva sugli assorbenti c’è quella delle farmacie del comune di Firenze che li venderanno senza tassa fino a marzo 2022 e quella delle 260 farmacie LloydsFarmacia che fino al 31 dicembre faranno la stessa cosa su tutto il territorio italiano. La proposta fa parte della campagna “Stop alla tampon tax” che chiede una legge per eliminare questa discriminazione fiscale.
Al momento solo gli assorbenti compostabili sono tassati al 5% a seguito dell’emendamento al disegno di legge di Bilancio per intervenire sulla ‘tampon tax’ presentato nel dicembre 2020 dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini. La questione è politica, forse parlare di ciclo è tabù, ma è anche culturale in quanto tassare un assorbente come bene di lusso è un messaggio discriminatorio concreto.
Ma qualcosa si muove. In crescita il numero di amministrazioni locali che aderiscono all’iniziativa ‘il ciclo non è un lusso’. L’ultima ad aggiungersi alla lista è Pesaro, dove le farmacie comunali hanno abbattuto l’Iva, dopo altre città dell’Emilia Romagna come Modena e Sassuolo, quelle toscane, tra cui assieme al capoluogo ci sono anche Pistoia e Reggello, e il comune lombardo di Cesano Boscone.
Da considerare anche la cosiddetta “period poverty”, la povertà mestruale, l’impossibilità per molte donne svantaggiate economicamente di acquistare assorbenti e tamponi, un problema da affrontare per assicurare a chiunque ne abbia bisogno di averli gratuitamente. Da uno studio Istat emergono 2 milioni e 227 donne indigenti in Italia su 21 milioni di donne che acquistano prodotti igienici. Con un prezzo medio a confezione di circa 4 euro, il totale risulta essere annualmente di 126 euro per donna, di cui 22 euro di tasse.
La period poverty colpisce ovviamente anche molte altre nazioni nel mondo. In Libano, per esempio, come riporta un recente articolo di ‘Internazionale’, le donne che non hanno i soldi e non si possono permettere gli assorbenti rimangono spesso per questo motivo a casa nei giorni in cui hanno le mestruazioni, isolate e lontane dalle interazioni sociali. (Foto di Irina Ilina da Pixabay)
Sociologa e formatrice, romana, ma da tanti anni a Pomezia, mi occupo di
comunicazione, viaggi e scienze sociali soprattutto su tematiche inerenti l’infanzia, l’adolescenza e le questioni di genere.