La mattina qualcuno suonava il piano.
Nel padiglione del Sagrado Corazon dove erano ricoverate le pazienti di prima classe, i pavimenti del corridoio erano di un parquet di rovere verniciato che luccicava al sole come uno stagno di caramello.
Ho scelto le prime righe di questo romanzo perché con poche parole, tutti i nostri sensi vengono coinvolti. L’udito con la musica del piano, la vista con la luce del sole, il gusto con il sentore del caramello, il tatto con il liscio del parquet, l’olfatto con l’odore del legno.
Sappiamo che ci troviamo in Spagna, in una clinica certamente, ma non sappiamo, e non ci rendiamo minimamente conto del vortice di fatti e passioni che ci travolgerà dalla prima all’ultima pagina.
La Figlia ideale è uno di quei romanzi che vorresti divorare, ma che leggi piano, e non perché la Grandes abbia uno stile narrativo impegnativo, ma al contrario, perché ogni frase ci dà una emozione così grande che vorremmo non finisse mai.
Personalmente ho approcciato la lettura alternandola con altro, facendo delle pause, riprendendo fiato e metabolizzando.
I tre personaggi principali, ci aiutano a ripercorrere il periodo più buio della storia della Spagna, a osservare con sofferenza quella che era fino a pochi decenni fa la condizione sociale delle donne, e a vivere l’esperienza terribile di un manicomio femminile.
Un condensato quindi di dolore dove però le luci della speranza, dell’amicizia, del coraggio e dell’amore non si spengono mai a dispetto di tutto.
Forse non si può vivere sempre uguale, come se il tempo non potesse farci del male, come se la vita non cambiasse da sola, come se il mondo non stesse per crollarci addosso da un momento all’altro.
I capitoli, narrati in prima persona dai vari protagonisti, suonano quasi come delle confessioni.
Le descrizioni accurate di ambienti e accadimenti della scena di riferimento, il manicomio femminile di Ciempozuelos, ci trasporta nel mondo di follia di Aurora e delle sue compagne di sventura. Ognuna con le sue fobie, manie, paure; tutte accomunate dalla stessa incapacità di vivere, rinchiuse non solo da mura e recinzioni, ma anche dal perdersi continuo delle loro menti.
Il risultato finale è che ci ritroviamo quasi ad amare una madre assassina che ha ucciso sua figlia semplicemente perché la giudicava imperfetta.
SINOSSI
Nel 1954 Germàn Velazquez Martin decide di ritornare a casa, in Spagna a Madrid, da cui era fuggito grazie all’aiuto del padre appena prima della caduta della Repubblica.
Dopo aver vissuto e studiato in Svizzera, Germàn decide di accettare un posto nel manicomio femminile di Ciempozuelos dove ritroverà Aurora, una paziente assassina del padre. Una donna colta, intelligentissima la cui paranoia l’aveva spinta ad uccidere la sua unica figlia.
La sfida che Germàn si trova ad affrontare è di risvegliare la donna dall’apatia in cui vive da anni, aiutato da Maria una giovane infermiera ausiliaria molto provata dalla vita e verso la quale lo psichiatra si avvicina in modo intimo e passionale.
Almundela Grandes apre uno squarcio in un’epoca in cui tutto era peccato e peccare era reato; ci racconta la storia di un uomo e una donna che hanno avuto il coraggio di opporsi alla dittatura che strangolava il paese.
Appassionata di libri e cucina, frequento un corso di scrittura creativa. I miei scritti sono stati pubblicati in un’antologia, “Voci nuove” edita da Rapsodia.