Girovagando curiosa in libreria, dopo molta indecisione ho optato per quest’opera di Dorte Hansen spinta dalla copertina e dal consiglio di una cara amica che ne aveva sentito parlare.
Il titolo mi riporta alla mente due romanzi: “Io resto qui” di Marco Balzano e “La strada di casa” di Kent Haruf. In effetti nel momento in cui l’ho preso in mano sono stata titubante, pensavo che avrei letto una storia troppo simile, quasi una ripetizione. Niente di più sbagliato. La Hansen, Balzano e Haruf parlano di ritorni è vero, ma in tre modi e con tre stili così diversi che sembra di leggere altre storie.
Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.
Dentro di me ho classificato questo libro come il romanzo dei colori. Abbiamo il verde degli alberi e del bosco, quello opaco tendente al giallino dei campi mietuti, il verde delle erbe aromatiche e delle insalate negli orti. Poi abbiamo il marrone dei tronchi, delle panche, delle tavole del pub dove mangiano, dei pagliericci dove dormono. C’è il bianco della neve: un bianco freddo come freddi sono i caratteri degli abitanti di questo paese. Un bianco che poi diventa grigio, un grigio chiaro, spento, il grigio della vecchiaia.
Uno stile quello della Hansen asciutto ma pieno di dettagli, semplice senza inutili fronzoli, intenso senza stancare. Uno il sentimento che serpeggia tra le righe, dall’inizio alla fine: la nostalgia.
I personaggi sembrano essere quasi senza sentimenti, descritti in un modo così asciutto e realistico, che mi ricordano molto le figure dei quadri di Teofilo Patini.
Sembrava essere fatto della stessa sostanza di quelle terre. Un uomo morenico, sospinto e scalfito, segnato nell’anima dall’azione di antichi ghiacciai, del vento e della pioggia.
SINOSSI
Ingwer prende un anno sabbatico, lascia l’università e i suoi due conviventi di lunga data per tornare a Brinkebull, e accudire i suoi nonni, Sonke e Ella. Ingwer è il figlio di Marret, una ragazza diversa, viene definita come un po’ toccatella, vive in un mondo tutto suo fatto di canzoni, disegni, incisioni, passeggiate nei campi, raccolta di fossili e animali morti, incursioni nelle case dei vicini. Ingwer era fuggito dal paese e dai suoi abitanti come se fosse scappato dalla prigione. Cercava altro, voleva riempire un vuoto, avere tutto quello che gli era stato sempre negato. Ma è davvero questa la felicità? La nostalgia, l’insoddisfazione e i ricordi di Ingwer sono più forti di tutto il resto, e lui torna.
Appassionata di libri e cucina, frequento un corso di scrittura creativa. I miei scritti sono stati pubblicati in un’antologia, “Voci nuove” edita da Rapsodia.