La strada che va in città è stato pubblicato per la prima volta nel 1942 con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte, e scritto nel periodo in cui Natalia Ginzburg ha seguito il marito Leone Ginzburg al confino in Abruzzo per motivi politici.
È un romanzo breve e traccia già i temi cari alla Ginzburg che si ritroveranno nei libri successivi e in Lessico famigliare, il libro per il quale vinse il Premio Strega nel 1963: la famiglia con le incomprensioni e i dissidi; le differenze sociali e il desiderio di scalare uno status sociale; le grandi disparità tra campagna e città; l’irrequietezza interiore del personaggio femminile.
Ne La strada che va in città la scrittura asciutta è priva di fronzoli, imperniata su dialoghi scarni, diretti e veloci che, nella loro essenza, riescono a tratteggiare l’animo dei protagonisti con tale maestria da percepire in modo tangibile la disarmante e cruda realtà.
La storia è quella di Delia: giovane diciassettenne che vive in campagna, a qualche chilometro dalla città che lei raggiunge quasi ogni giorno percorrendo a piedi la strada che va in città ed è talmente insofferente all’ambiente familiare da dichiarare con estrema serenità di odiarla:
Si dice che una casa dove ci sono molti figli è allegra, ma io non trovavo niente di allegro nella nostra casa.
Speravo di sposarmi presto e di andarmene come aveva fatto Azalea […]
Odiavo la nostra casa. Odiavo la minestra verde e amara che mia madre ci metteva davanti ogni sera e odiavo mia madre.
Avrei avuto vergogna di lei se l’avessi incontrata in città.
Delia desidera cambiare la propria vita e crede di poterlo fare con un buon matrimonio, ma è una figura femminile che vive lontana da tutto ciò che la circonda, quasi priva di sentimenti, non riuscendo a lasciarsi andare né alla gioia e né al dolore; una giovane donna confusa, circondata da un’apatia imbarazzante la quale, anche quando riesce a raggiungere un diverso status sociale sposando il figlio del medico della città, non riesce ad esserne felice.
Sembra essere una donna priva di strumenti; percepisce la possibilità di essere felice, soddisfatta e appagata in un orizzonte lontano ma non conosce come fare affinché ciò possa accadere e si dondola nel suo quotidiano priva di speranza.
Ho amato molto la figura di Delia. Mi sono immaginata quante donne abbiano vissuto e sognato una vita diversa in un periodo in cui la donna non era altro che il focolare della casa, buona soltanto a mettere al mondo dei figli e, nella migliore delle ipotesi, quell’oggetto da esibire accanto all’uomo di successo
La disarmante freschezza della scrittura della Ginzburg ci porta nell’atmosfera del mondo femminile, dei loro drammi, delle aspettative, dei sogni e delle delusioni lasciandomi immaginare quanto abbiano patito e lottato al punto che vorrei, metaforicamente, abbracciarle tutte.
Social Media Manager e Scrittrice