Questo racconto ci porta nel nord della Francia. A condurci è Silvia, impiegata presso una compagnia telefonica, 2 figli, una universitaria di 23 anni e un ragazzo diplomato quest’anno, che vive in una zona verde della nostra città. Oltre ai viaggi, le sue passioni sono la cucina, i libri e la scrittura creativa. Ha viaggiato molto fin da piccola: con i genitori amanti dei viaggi, poi con amici, marito e figli. La destinazione che ha deciso di raccontarci è un tour in camper che l’ha portata in Bretagna e Normandia, assieme ad altri amici camperisti.
Come nasce la passione per i viaggi in camper?
Dopo aver visitato molti luoghi in Italia e all’estero, dal 2002 al 2017 ho viaggiato in camper con marito e figli, assieme ad altre due famiglie di camperisti conosciuti tramite le amicizie di scuola dei nostri figli. Fin dal primo viaggio ci siamo trovati molto bene, e in sintonia. L’alchimia che ci ha portato a ‘sceglierci’ ogni anno ha ingredienti molto potenti e purtroppo rari, come libertà, rispetto, reciprocità e stesso ‘mood’ di intendere il viaggio, soprattutto con i figli al seguito.
Come avete programmato date e destinazioni?
Sceglievamo per lo più il mese di agosto per motivi di lavoro e per le destinazioni buttavamo giù luoghi e itinerari, e poi ne parlavamo insieme fino a trovare una destinazione interessante per tutti. Abbiamo fatto viaggi di pochi chilometri, fino a distanze più lontane come in questo caso. Tutti guidavamo il camper, così da alternarci nei percorsi più lunghi e impegnativi. Nella guida ho riscontrato solo il problema del peso del mezzo, che un po’ scombussola, ma che si supera prestando maggiore attenzione rispetto alla guida di una utilitaria. Per mangiare, siamo sempre stati tutti ben sintonizzati, ogni nucleo familiare organizzava i suoi pasti, che poi divenivano simpatiche ‘mangiate allargate’, con molte cene condivise quando si preparava per esempio il pesce o si faceva il barbecue.
Durante i viaggi preferivamo acquistare i prodotti locali anche se, con l’esperienza, abbiamo imparato a portare da casa qualcosa come acqua, olio e pasta.
Destinazione Normandia
Nel 2015 ci siamo avventurati alla volta di Bretagna e Normandia. Stimolati da letture, film e voglia di ostriche, il 2 agosto siamo partiti per Mont Saint Michel. Solo una sosta intermedia prevista: dovevamo arrivare in tempo per godere degli ultimi giorni di alta marea. Non ci siamo fatti spaventare dai km che avremmo dovuto percorrere, con il camper tutto è possibile: se ti stanchi metti un punto, ti fermi e il giorno dopo, o l’altro ancora, riparti. La prima notte l’abbiamo trascorsa sul Monviso, eravamo partiti la mattina da Roma con 40 gradi, arrivati la sera al Passo i gradi erano 18 (scarsi). Il giorno dopo eravamo a Auxerre e il pomeriggio successivo finalmente a vedere l’alta e la bassa marea a Mont Saint Michel. È stato veramente un bel viaggio, ricco di emozioni, attività e interessi turistico-culturali che hanno coinvolto profondamente anche le ragazze e i ragazzi. E soprattutto, da un punto di vista culinario, un viaggio all’insegna delle ostriche che per me, che ne sono molto golosa, ha fatto registrare super mangiate di questo buonissimo mollusco, in tutte le salse e a tutte le ore. In alcune zone, come potete vedere dalle foto allegate all’intervista, ci sono spiaggette con poche case e una manciata di banchetti per la vendita di ostriche, con tante carcasse di questi prelibati molluschi sulla sabbia, tra cui quella di Cancale!. Il nostro tour ha toccato posti stupendi tra cui, oltre a Mont San Michel e Auxerre, Omaha Beach (vedi foto), la spiaggia dello sbarco degli Alleati durante la seconda guerra mondiale (giugno 1944), e tantissimi altri spicchi di territorio davvero belli.
Un momento particolare di questo viaggio?
Emozionante è stata la visita al cimitero americano, che ha coinvolto emotivamente anche tutti e sei i nostri figli, colpiti dalla quantità di croci bianche di soldati giovanissimi che hanno perso la vita durante lo sbarco, e dalle trincee in mezzo a voragini causate dalle bombe. Essendo anche un avvenimento che studiano sui libri di storia, al rientro in Italia hanno visto il film “Salvate il soldato Ryan”.
Un’esperienza fatta anche di una natura rigogliosa, mare e sensazioni olfattive, come quando ti aggiri all’interno di una cittadella fortificata, Saint Malò, e all’improvviso vieni investita da un profumo intenso di spezie, così che decidi di tralasciare le prelibatezze locali per assaporare cibo indiano in un piccolo ristorante scovato in un vicolo.
Tieni un diario per i tuoi spostamenti?
In tutti questi anni ho sempre pensato ad un diario di viaggio, è rimasto purtroppo solo un pensiero e me ne sono pentita. I figli sono cresciuti, il camper non c’è più, ma sono rimaste le foto.
Cosa ti porti a casa?
In genere dei magneti-souvenir. Nel camper c’è però tanto spazio per riportare oggetti acquistati al mercatino, cibi locali e tante altre cose.
Cosa ti senti di suggerire a chi vuole iniziare a girare in camper?
Direi che inizialmente il camper non va comprato, ma noleggiato per capire se è il tipo di vacanza che piace o no, e poi mettere in conto che ci vuole una buona dose di spirito di adattamento, per affrontare nel giusto modo tutte le situazioni che si presentano.
Con il camper, poi, non c’è bisogno di prenotare, un posticino si trova ovunque. E se si viaggia con figli piccoli ti permette di avere sempre a disposizione tutto ciò di cui si può aver bisogno, e se per caso dovesse mancar qualcosa, c’è sempre un camperista generoso dietro l’angolo.
Sociologa e formatrice, romana, ma da tanti anni a Pomezia, mi occupo di
comunicazione, viaggi e scienze sociali soprattutto su tematiche inerenti l’infanzia, l’adolescenza e le questioni di genere.