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Quando la casa diventa una tana

By Marta Fortunati on 4 Giugno 2020
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Quando la casa diventa una tana

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Il lungo confinamento in casa a causa del Covid-19, che ha portato vittime, e disagi a livello sanitario e politico-sociale a tutti noi, ha comportato anche un drastico cambiamento nel nostro stile di vita. In questi giorni, lontano da familiari, amici e colleghi, abbiamo ricominciato ad uscire, con sollievo per molti, ma non per tutti. In effetti dopo il lockdown, l’isolamento e il distanziamento sociale, molte persone si ritrovano a fare i conti con un disagio forse anche più dannoso del virus stesso: la paura di uscire di casa e di tornare alle attività quotidiane di prima. Preferiscono rimanere in casa piuttosto che ritornare piano piano a una vita sociale quasi normale, alle azioni di tutti i giorni. Sono in preda del nervosismo, frustrazione, ansia e paura soprattutto coloro che vivono situazioni di fragilità emotiva, o che hanno timore di contrarre il virus.

Tutto ciò rientra nella cosiddetta “Sindrome della capanna” o del ‘prigioniero’, o cabin fever in inglese, che può comparire nelle persone che dopo un periodo di clausura, per esempio dopo una malattia o, come nel nostro caso, dovuta alle misure restrittive imposte a causa della pandemia. Si riferisce a una condizione di smarrimento, una voglia di seguitare a rimanere al sicuro in casa;  una dimensione emotiva già descritta all’inizio del XX secolo, spesso camuffata e descritta come poca voglia di uscire di casa a cui si debbono associare le attuali limitazioni comportamentali imposte dalle Autorità come l’uso delle mascherine e il mantenimento delle distanze di scurezza. Non è una malattia, ma una serie di aspetti comportamentali e psicologici legati a specifiche condizioni.

Per la Società italiana di psichiatria (Sip) sono oltre un milione gli italiani che rischiano di svilupparla, in questa fase di post quarantena.  “Possiamo dire che la sindrome della capanna e la movida senza prevenzioni sono due aspetti reattivi a condizioni ambientali, relazionali, sociali o di rischio pandemico, esattamente opposti” afferma Massimo Di Gannantonio, presidente Sip. “Se la movida è rimozione e negazione del rischio pandemico, la sindrome della capanna è una fobizzazione, una costruzione reattiva di tipo fobico, a dei rischi che in maniera sproporzionata vengono vissuti come enormi, pericolosi, incontrollabili” (fonte Dire). Si ha paura a riprendere gli impegni fuori casa e si desidera rimanere ancora un po’ nella sicurezza  delle mura domestiche, lontano dal virus che non è affatto sparito. Per superare il fenomeno, come dicono gli esperti, si deve prendere tempo, andare avanti a piccoli passi tra cui, organizzare una routine giornaliera come la gestione della casa e il tempo libero, accogliere le nostre emozioni, stabilire obiettivi per fronteggiare l’insorgere di preoccupazioni eccessive cercando di trasformare in positivo questa esperienza, a partire dal ridimensionamento dell’utilizzo del superfluo, e se necessario rivolgersi ai professionisti del settore. Riprenderà meglio chi saprà accogliere la novità, al di là del fattore anagrafico.

L’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpss) del Consiglio nazionale delle ricerche ha condotto un’indagine sull’impatto psicosociale dell’epidemia di Covid-19 in Italia. Dal 9 marzo sono state intervistate 140 mila persone che hanno evidenziato come le preoccupazioni economiche vengono dopo quelle sanitarie. “Quattro persone su dieci di quelle interpellate prevedevano di andare incontro a gravi perdite economiche, più di una su dieci riferiva di aver perso il lavoro o di aver chiuso la propria attività, e due su dieci di essere andate in cassa integrazione”, spiega Antonio Tintori, sociologo e coordinatore della ricerca. Dai risultati emerge che i sentimenti più diffusi durante l’isolamento sono stati tristezza, paura, ansia e rabbia, ma anche che la popolazione ha mostrato buona capacità di reagire all’interruzione delle relazioni sociali.

Anche per l’Organizzazione mondiale di sanità la salute mentale, e non solo quella fisica, è a rischio a causa della pandemia così come evidenziato un rapporto Onu sul tema. “L’isolamento, la paura, l’incertezza, le turbolenze economiche causano, o potrebbero causare, sofferenze psicologiche” sostiene Devora Kestel, direttrice del dipartimento di salute mentale dell’Oms. ”La salute mentale e il benessere di intere società sono state gravemente colpite da questa crisi e sono una priorità”.

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