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La croce della discordia

By Santo Fabiano on 3 Ottobre 2019
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La croce della discordia

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È interessante come il tema del “crocifisso” ritorni ciclicamente. E potrebbe affermarsi che ogni volta è come una nuova affermazione del suo significato, perché se non significasse qualcosa non darebbe alcun disturbo.

Premetto, per ragioni di correttezza, che chi scrive è stato insegnante di religione, ma appartengo alla categoria di quelli che puntano più alla sostanza che alla forma, più alla testimonianza che all’apparenza.

È evidente che, in ragione della cultura a cui appartengo, sento il dovere di “difendere” il crocifisso nelle aule scolastiche e negli uffici pubblici, perché sono convinto che è in quei luoghi che si ha maggiormente bisogno di avere un richiamo ai valori condivisi, persino “alti”, di cui abbiamo bisogno ogni volta che esercitiamo un ruolo pubblico, amministriamo la giustizia o svolgiamo una funzione nell’interesse della comunità.

E sarebbe bello che così fosse davvero. Cioè, come faceva don Camillo, che riconoscessimo a quella riproduzione della passione di Cristo il significato di immagine a cui potersi rivolgere per valutare la correttezza delle nostre azioni o persino per chiedere sostegno, dimostrando, così, di riconoscere l’esistenza di un luogo “fuori da noi”, al di sopra degli interessi personali, orientato al perseguimento del bene di tutti o persino del “volere divino”.

Si tratta di un simbolo per il quale qualcuno ha immolato la propria vita. Ma, non possiamo nasconderlo, in qualche occasione è stato anche utilizzato per l’affermazione di principi poco nobili e orientati all’affermazione di sè. Abbiamo persino esempi recenti di chi ha brandito il rosario nel corso di comizi, per mostrarsi dalla parte giusta e raccogliere l’adesione della folla.

E se guardiamo indietro, anche le crociate sono state una manifestazione della forza materiale, asservita anche a fini economici, sotto il velo dell’affermazione dell’amore universale. Però, anche in quell’occasione, San Francesco, usando lo stesso simbolo, ma con la persuasione dell’umiltà senza armi, ha ottenuto risultati migliori, ispirandosi propri ai valori incarnati da chi viene rappresentato nella croce.

Dunque il dilemma rimane. Ma si può sciogliere subito se si è consapevoli che il simbolo, assume il suo significato solo quando viene contemplato e se ne riconosce il valore del messaggio che esprime oltre che della rappresentazione trascendentale che manifesta.

È sbagliato privare i cristiani dei loro simboli. Ma viene da chiedersi quanti siano i cristiani, tra quelli che oggi vogliono difendere il crocifisso. E quanti di questi si siano mai fermati a rivolgervi uno sguardo con l’atteggiamento dei fedeli o con espressioni di preghiera. E quanti, mi si consenta, oggi ne appaiono difensori, per mera contrapposizione.

A me piace difendere il crocifisso e ritengo che faccia parte della nostra “cultura”, ma saremmo più coerenti se ne difendessimo anche i valori che esprime. Mi piacerebbe che questa situazione potesse indurci a riflettere e decidere di manifestare in modo più deciso la nostra fede, di cui si avverte davvero bisogno, anche nel modo più laico possibile.

Però, riconosciamolo, anche ammettendo ciò che abbiamo detto, compresa la nostra incapacità di sentirci cristiani, non si comprende quale sia il danno che arrechi un crocifisso nelle aule scolastiche. Non si tratta di una immagine offensiva verso le altre religioni, né si tratta della evocazione di messaggi che indicano al conflitto.

È sbagliato e ingiusto pensare che sia un “simbolo contro”. Al contrario il messaggio evangelico ha una grande forza rivoluzionaria proprio perché demolisce le barricate e propone uguaglianza, senza distinzioni … nemmeno di religione.

Difendiamone la permanenza nelle aule, ma non facciamolo solo per abitudine o per semplice tradizione.

Approfittiamone, invece, per rinnovare la nostra presenza, anche laica. E se vogliamo difendere i valori cristiani facciamolo in occasione delle prevaricazioni finanziarie o delle ingiustizie dove si favoriscono i potenti rispetto alla “povera gente” o dove si richiede solidarietà e spirito fraterni. Quelle testimonianze valgono molto di più di un crocifisso. La “croce” quella vera è quella che si porta non quella che si appende.

Santo Fabiano

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