Amianto, ancora amianto
L’amianto è stato messo al bando in Italia da oltre 25 anni, ma seguita a mietere vittime. Se ne è parlato lo scorso mese di settembre in un convegno dal titolo “Amianto: gestione del sistema e tutela della salute” ospitato a Roma presso la sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche, organizzato dalla Società italiana di medicina ambientale, l’Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) del Cnr e i geologi dell’Ente. I dati emersi sono allarmanti: sono circa sei mila i decessi all’anno in Italia che si possono ricondurre all’amianto, oltre mille i casi di mesotelioma registrati in Puglia dal 93 al 2015, soprattutto a Bari e Taranto, e 96 mila i siti italiani contaminati da amianto censiti e presenti nel database del Ministero dell’ambiente. Le ripercussioni sanitarie e ambientali prodotte da questa fibra letale su tutto il nostro territorio sono evidenti. “La gestione dell’amianto è complessa per cui ha bisogno di 4 elementi: conoscenza ed informazione e sensibilizzazione riferiti agli oltre 3500 manufatti del passato contenenti amianto, come filtri di pipe, strofinacci da cucina dei corredi, scarpe, lavandini, etc.; conoscenza dei materiali contenenti amianto che ancora oggi raggiungono il nostro territorio da Paesi esteri come Russia e Cina; conoscenza attraverso la mappatura ed il censimento della presenza di amianto sul territorio; la conoscenza sulle migliori tecnologie utilizzabili per la degradazione delle fibre di amianto” ha affermato Vito Felice Uricchio dell’Irsa-Cnr.
L’amianto, dal greco amiantos (indistruttibile) è un minerale che si estrae
dalla crosta terrestre dopo macinazione e arricchimento e si trova in 2
tipologie: l’amianto serpentino e l’amianto anfibolo. La sua struttura fibrosa lo
rende inesauribile, resistente al calore, molto flessibile, con capacità
termoisolanti e fonoassorbenti. Di origini antichissime, già i Romani lo
usavano per cremare i cadaveri e ne racconta anche Marco Polo ne ‘Il Milione’, l’amianto
era considerato dal popolo ‘la lana della salamandra’ con la quale l’animale
poteva sfidare il fuoco senza danneggiarsi. È nell’ultimo secolo però che ha
avuto impieghi estremamente diversificati e quantitativamente imponenti tra cui
coperture, cassoni dell’acqua, canne fumarie, pannelli divisori,
elettrodomestici, adesivi, sabbia artificiale per giochi di bambini, suolette
interne per scarpe, ed altro ancora, ma soprattutto è stato usato sotto forma
commerciale di cemento – amianto, cioè eternit. I manufatti in cemento-amianto
sono pericolosi perché non contengono solo fibre di amianto, ma rilasciano nell’ambiente
fibre che possono essere respirate: infatti dipende da questa
eventualità/possibilità riferita ai soli lavorati deteriorati o che presentano
crepe, fessurazioni o rotture. Quindi la sola presenza di amianto non
costituisce di per sé un rischio per la salute, lo diventa solo quando le fibre
aerodisperse vengono inalate.
Per quanto riguarda
il territorio di Pomezia, sono ormai vicino alla conclusione i lavori di messa
in sicurezza del sito Eco-X, dopo l’incendio del maggio 2017. Il risultato
delle analisi sulla presenza di amianto, sia in ambiente esterno sia sugli
addetti alle lavorazioni, sono risultati al di sotto dei limiti di legge. I
lavori proseguono con lo svuotamento delle vasche di accumulo delle acque
reflue e il conseguente sistema di stoccaggio per le acque piovane.