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Politica e questioni personali

By Santo Fabiano on 30 Maggio 2019
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Politica e questioni personali

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Non occorre manifestare antiche nostalgie per accorgersi che ormai i dibattiti politici, anche nei migliori telegiornali, si riducono a contese personali. Non si tratta di valori o di temi, quanto piuttosto di posizioni, appunto personali.

Anche i partiti sono “personali”: basta pensare che alle ultime elezioni politiche, i partiti di destra hanno presentato tre diverse liste con l’indicazione di tre diversi nomi come “presidente”, ma a conclusione della tornata elettorale hanno dato a intendere di essere una “coalizione”.

Il partito democratico si è persino presentato avendo più di un leader contemporaneamente: uno uscente, ma non rassegnato e ancora influente, uno nominato, ma senza alcun ruolo, uno con un precedente incarico governativo e uno, appena iscritto al partito che il giorno dopo già minacciava dimissioni nel caso in cui non venisse ascoltato.

Anche la sinistra estrema è vittima della stessa tentazione, frammentata in gruppi “personali” e impegnata in tentativi di alleanze, ancora una volta, non su temi, ma intorno alle persone.

E alle persone si attribuiscono meriti o colpe, come se fossero le uniche a determinare gli esiti di ciò che succede: Romano Prodi è considerato il massimo colpevole delle modalità di introduzione dell’Euro in Italia, come se ciò fosse avvenuto di nascosto e all’insaputa di tutti; Silvio Berlusconi è ritenuto il responsabile di un’era di decadimento della politica, come se avesse fatto tutto da solo; Elsa Fornero è ritenuta unica responsabile di una legge, come se non fosse stata votata da una maggioranza parlamentare; Matteo Renzi, responsabile di una serie di disastri, tra cui diverse leggi rivelatesi incostituzionali, oltre che di un referendum disastroso, sia per la proposta, sia per il clima, come se tutto ciò non fosse stato elaborato da esperti, visionato da gruppi e partiti e sostenuto da maggioranze.

Potremmo andare avanti all’infinto, fino ad approdare ai nostri giorni dove l’efficacia delle politiche si interpretano come il merito di un leader, come nel caso di Salvini per l’incremento dei voti alla Lega e dal lato opposto con l’attribuzione di colpe a Di Maio per l’insuccesso elettorale del Movimento 5 stelle.

Non voglio dire che ciò non sia vero. Al contrario: è preoccupante che ciò avvenga senza che vi sia alcuna preoccupazione. E’ certamente vero che Matteo Salvini, con il suo stile, ha determinato il successo della Lega, così come è vero che la Luigi Di Maio, con le sue scelte, abbia causato una sensibile flessione nel Movimento.

Ma tutto ciò non può essere accettato in modo supino. Perché sarebbe come riconoscere che non viviamo più in un sistema democratico, caratterizzato dalla partecipazione alla politica allo scopo di realizzare progetti nell’interesse del Paese, ma in un contesto in cui le sorti della Nazione sono determinate dal leader di turno a cui il popolo, di volta in volta, si accoda.

La democrazia non si esprime nella scelta di un leader a cui demandare il compito di decidere, in solitudine dove portare il Paese, ma nella partecipazione collettiva alla definizione dei bisogni, delle priorità e delle soluzioni appropriate e nell’interesse della collettività.

E’ semplicistico attribuire solo a Salvini il merito del successo della Lega, così come solo a Di Maio la colpa dell’insuccesso del Movimento 5 stelle. E’ proprio questa visione personale (e pettegola) della politica che porta le persone all’astensionismo e rende volubile e fragile ogni fase politica, disegnata attorno a singole persone e legata al destino di questi, nel ben e nel male.

Volubile, perché destinata a seguire gli umori dei leader. Fragile perchè limitata alla loro permanenza che può essere interrotta da vicende personali o giudiziarie.

Ma soprattutto, in un sistema di “politiche personali”, basta attaccare il leader o farlo cadere perchè tutto cambi, in attesa di un altro leader.

E’ un nuovo modello di democrazia… per niente democratico

Santo Fabiano

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