Il 25 aprile e la “nuova” liberazione

Anche per quest’anno per la propensione alla faziosità e al pettegolezzo, alimentato dalla superficialità popolana, saremo costretti a privarci di una ricorrenza che dovrebbe farci sentire tutti uniti e fieri di appartenere a una Nazione che ha avuto l’opportunità di liberarsi da un’oppressione.

È un vero peccato, ma soprattutto è un’occasione perduta di cui avremo bisogno: quella di alzare lo sguardo e riconoscerci come Popolo che ha bisogno di trovare radici comuni e soprattutto progetti da condividere, piuttosto che contrasti e conflitti.

Non possiamo negare che le contrapposizioni sulla ricorrenza hanno radici lontane che derivano dalla nostra incapacità di sentirci “uniti”. In passato, infatti, in diverse occasioni, tradendo la storia, la festa è stata presentata come la vittoria di una sola parte, piuttosto che di un popolo intero nei confronti di un oppressore comune.

Le interpretazioni “faziose” e “di parte” non hanno mai fini nobili e hanno solo lo scopo di segnare solchi profondi, anche all’interno dello stesso popolo.

La festa della “liberazione” è esattamente l’opposto: chi ci ha preceduto ci ha liberato da una oppressione crudele e vergognosa che non può ammettere alcuna possibilità di nostalgie. Noi adesso dobbiamo liberarci dalla propaganda di chi vuole mantenerci sempre in lotta con il vicino, con chi imbraccia una bandiera diversa, con chi parla un altro dialetto, con chi non la pensa come noi.

Buona liberazione da tutto ciò che non ci consente di essere “liberi davvero”

Santo Fabiano