Il 45 giri ha compiuto 70 anni. Anche se è stato sostituito da numerosi apparecchi elettronici e dal computer stesso, è tuttora considerato un ‘cult’ per gli appassionati di musica vintage e non solo. Nato in America il 10 gennaio 1949 dalla Columbia Records, deve il suo nome al fatto che gira 45 volte in un minuto e contiene due brani, ciascuno della durata massima di 4 minuti: uno con il brano più importante inciso sul lato ‘A’ e dietro, sul lato ‘B’, una canzone per così dire, con meno pretese. Fatto di materiale leggero, il vinile, prese il posto della gommalacca e visto che era più abbordabile economicamente del 33 giri che c’era fino ad allora, divenne per i giovani del secondo dopoguerra il principale strumento per ascoltare la musica. Spesso questi dischi, chiamati anche ‘singoli’, si facevano suonare nei giradischi, o meglio nei ‘mangiadischi’, portatili, a batterie, molto popolari negli anni ‘60 e ‘70, ideali nelle feste tra amici. Negli anni ‘80 arrivò il Compact disc che di fatto diede il via all’era digitale. In Italia i primi ‘singoli’ decollano a Milano nel 1954 con la casa discografica Ricordi che li comincia a produrre, con la mitica copertina di carta: tra i primi 45 giri, quelli di Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Gino Paoli e Ornella Vanoni, e a seguire Domenico Modugno, Gianni Morandi, Mina, Patty Pravo e molti altri.
Il prospero mercato del 45 giri comincia piano piano a declinare fino a concludersi il 18 agosto 1990 quando, un accordo tra tutte le multinazionali del disco, interrompe la produzione del vinile, cedendo il posto alle musicassette e ai Cd.
Accanto ai 70 anni del 45 giri, lo scorso 11 gennaio, abbiamo ricordato i vent’anni dalla morte del cantautore e poeta Fabrizio de André, le cui canzoni narrano di amore, rivoluzione, gioia, dolore e di una società sempre più persa nel conformismo.