La “politica personale”: padri, figli, cognati, ecc.

Se si afferma che non c’è più il confronto politico di una volta si rischia di passare per nostalgici. Però, al netto delle riesumazioni del passato e dei giochi di memoria, non possiamo nascondere che ciò che noi chiamiamo politica è divenuto, ormai, solo uno scontro tra persone.

La “politica”, quella che immaginiamo orientata al perseguimento degli ideali ha lasciato il posto al pettegolezzo. E non soltanto adesso. La scelta di trasferire ogni contesa dal confronto sui fatti allo scontro personale è una tecnica, anche inconsapevole, che produce l’effetto di depotenziare ciò che si rileva o denuncia per portare l’attenzione in un ambito più familiare, nel quale, inevitabilmente, ciascuno ha qualcosa da farsi perdonare. E non perché siamo tutti fuorilegge (come vorrebbe fare passare qualcuno) ma perché una cosa è “la vita privata”, altra cosa è “la vita pubblica”.

E’ evidente ed è inutile nascondere che, nessuno denuncerebbe il proprio genitore per avere assunto una persona “in nero”, specie in un contesto in cui, facendo ciò, si destabilizza il “sistema sociale”, visto che si fonda sul sommerso. E’ pur vero che nessuno denuncerebbe il proprio genitore, nemmeno se procura una bancarotta a un istituto bancario. Ma (e qui arriva la differenza) altra cosa è se, una volta assunta una carica pubblica, i genitori si trovano coinvolti in affari milionari con la società che gestisce gli appalti pubblici o i figli, approfittando le proprio ruolo, contattano i rappresentati delle istituzioni per ottenere iniziative di vantaggio per la banca di papà.

Non si tratta di cercare ciò che è meglio e ciò che è peggio. Al contrario: si tratta di chiedersi per quale ragione ne parliamo. C’è stato, dunque qualcuno, che pensando di fare “politica” ha frugato nel passato della famiglia del vice presidente del Consiglio e dopo attente ricerche è riuscito a scoprire che il padre, al massimo della sua illegalità, aveva dato lavoro, in nero, a tre persone.

Ecco la domanda: la questione è grave, perché manifesta un comportamento irregolare o è grave perché l’ha commessa Di Maio padre?

Nel primo caso si dovrebbe indagare su tutte le situazioni analoghe e provare a mettere ordine, anche a costo di verificare che lo “facciano tutti”, senza distinzione di ruoli o partiti. Nel secondo caso sorge il sospetto che sia il solito “pettegolezzo” di chi scruta a casa altrui.

Anche questa obiezione ha una risposta: “ma Di Maio e i suoi amici invocano onestà!”

Giusto! Ma l’onestà non può essere intesa come un fardello da contestare a chi ci crede e da abbuonare a chi non la vuole. O c’è per tutti o non c’è per nessuno. E chiedere che ci sia è una prova che si vuole uscire (tutti) da quel vortice in cui viviamo che si caratterizza per la “coscienza pelosa”, per cui l’onestà è solo qualcosa da chiedere agli altri.

Tutto questo, riconosciamolo, non ha nulla di “politica” ed è il segnale del livello basso del “confronto” che… dovrebbe essere sui programmi, sui progetti per lo sviluppo, sui valori che ci accomunano.

Dobbiamo guardarci da chi vuole guidare il Paese verso il pettegolezzo e limitare la scelta politica a una questione “personale”

Santo Fabiano