Il pasticciaccio delle commissioni consiliari

La prima questione che la nuova amministrazione comunale ha dovuto prendere in esame è “il rispetto delle regole”. Non parliamo di una “questione etica”, sulla quale rischiamo di mettere in imbarazzo chi non prova pudore a cambiare casacca o chi si nasconde dietro a simboli e valori, finché possano fargli comodo, ma proprio della questione più elementare: l’applicazione di una regola scritta prima dell’insediamento dell’attuale amministrazione comunale.

La questione, a dire il vero, rivela una sorta di “utilizzo personale delle istituzioni”. Ciò che caratterizza una società civile, infatti, è la condivisione di valori e regole. Sui primi (i valori) siamo in emergenza, proprio a causa di chi pretende che il contesto sociale sia al proprio servizio e inalbera valori solo nel proprio interesse, pronto a disattenderli alla prima occasione in cui non gli conviene. Sulle “regole”, fino a oggi si è registrata, a fatica, una certa tenuta, perché sono l’ultima frontiera del “patto” che unisce i cittadini, indipendentemente dal ruolo che esercitino.  Se anche le regole sono disattese con leggerezza, possiamo annunciare pubblicamente l’entrata nel nuovo evo, quello della “prepotentocrazia”.

Certamente non è una novità il tentativo di forzare le norme con fantasie interpretative di favore, ma possiamo registrare come “originale” la pretesa avanzata in consiglio comunale, di disapplicare il regolamento del consiglio, ritenendo persino che attraverso la violazione del regolamento si otterrebbe “il ripristino delle più elementari regole della democrazia”.

Ma di che cosa si tratta, in sostanza? La questione verte sulla composizione delle Commissioni consiliari. Come è noto, tutti i consiglieri comunali si distribuiscono in “commissioni”, articolate per materia, all’interno delle quali, ha diritto di partecipare un rappresentante di ogni gruppo consiliare.

L’esistenza dei gruppi consiliari non è espressamente prevista dalla legge, ma si desume implicitamente da quelle disposizioni normative che contemplano diritti e prerogative in capo ai gruppi o ai capigruppo (art. 38, comma 3, art. 39, comma 4 e art. 125 del decreto legislativo n. 267/00). La regolamentazione della materia viene infatti affidata alle norme statutarie e regolamentari, adottate dai singoli enti locali nell’ambito dell’autonomia organizzativa dei consigli, riconosciuta dall’art. 38 del citato T.U.E.L. Si tratta di atti regolamentari che tuttavia hanno un valore “normativo” secondario. Cioè, non possono essere disattesi senza incorrere in “violazioni di legge”.

Nel caso di Pomezia la questione riguarda la previsione contenuta nel regolamento consiliare (approvato dalla precedente amministrazione) che prevede la formazione di gruppi consiliari composti da almeno 3 componenti o – se il Consigliere appartiene a una lista presentatasi singolarmente e non in coalizione – Gruppi unipersonali.

Ciò vuol dire che, applicando le regole vigenti, oltre al gruppo del M5S, composto da 15 consiglieri, si dovrebbero costituire “regolarmente” un gruppo di destra (capeggiato dal candidato sindaco Matarese e composto da 2 consiglieri della Lega e uno di Forza Italia) e un gruppo con a capo l’ex sindaco (con altri due consiglieri), lasciando così orfani del gruppo i due consiglieri del PD che non avendo raggiunto la soglia di tre componenti, non potrebbero comporre un gruppo consiliare.

Ma la questione si tinge di giallo (e di ridicolo) perché a invocare il diritto di fare gruppo “da solo” è anche il componente di Forza Italia e i due componenti della Lega che invece, secondo le norme regolamentari, avrebbero dovuto confluire tutti nel gruppo di destra, così come risultavano nella coalizione elettorale.

Il ridicolo (senza giallo) si accresce leggendo che la nota, definita dagli stessi firmatari “di protesta” di contestazione della norma regolamentare, ritenuta “antidemocratica” è sottoscritta anche dall’ex sindaco, la cui amministrazione l’aveva proposta in consiglio e votata, ritenendola (in quel tempo) giusta, democratica e opportuna. Ma che oggi, per ragioni misteriose o semplicemente  “prosaiche” gli appare improvvisamente inopportuna.

Visto che si invocano gli alti valori della democrazia, vediamo quali sono i veri problemi sul tappeto: a parte la posizione dell’ex sindaco che non ha alcuna logica, se non la “rosicatio” manifestata con la mera contrapposizione, i consiglieri che invocano la composizione di gruppi solitari spingono in questa direzione per assicurarsi la partecipazione al numero più ampio di commissioni. Un consigliere che compone un gruppo “individuale”, infatti, avrebbe diritto a partecipare a tutte le commissioni, così come un gruppo di due persone avrebbe il diritto di distribuire i suoi componenti tra tutte le commissioni.

Si nota subito che tale situazione comporta uno sbilanciamento della presenza della minoranza rispetto alla maggioranza: i consiglieri della maggioranza, infatti, dovrebbero distribuirsi tra tutte le commissioni, mentre quelli della minoranza avrebbero diritto a presenziarle tutte personalmente. E vale la pena di evidenziare anche i vantaggi e i costi che comporta la scelta della “commissione individuale”: tale consigliere, infatti, avrebbe diritto a più permessi di assenza dal lavoro rispetto ai sui colleghi della maggioranza, oltre ai compensi dovuti per la partecipazione ai lavori della commissione.

Questa sarebbe la “questione democratica” che viene invocata e che ha determinato la “protesta”.

Non si tratta di una bella pagina nella storia della città e rivela, per intero il senso della democrazia e del rispetto delle regole.

Ci auguriamo tutti che si trovi una soluzione, ma che sia limitata a quei consiglieri che, non rientrando nella composizione “ordinaria” dei gruppi, possano trovare una collocazione nel gruppo misto. Ma ciò dovrebbe essere possibile soltanto con una modifica regolamentare. Se invece, si sceglierà di trovare una soluzione violando la norma del regolamento, si rischierà di creare un pericoloso precedente. Ma soprattutto si darà un cattivo segnale alla città che… già ripone poca fiducia nella politica e ha bisogno di certezze.

Basterà modificare la norma regolamentare. Se tutti sono d’accordo non è così difficile.

Rino Ceronte