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Nasce la rete italiana dell’Associazione Nazionale Controllo di Vicinato (ANCDV)

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A dieci anni dall’ingresso del progetto del controllo di vicinato nel nostro Paese, nasce una rete nazionale: quella dell’ANCDV 

Pomezianews ha intervistato uno dei suoi più grandi fautori, il criminologo Francesco Caccetta

 

Dieci anni di Controllo del Vicinato in Italia: un bel traguardo, dott. Caccetta?

“Un grande traguardo. Gli Italiani sanno benissimo che, da molti anni, Sicurezza percepita e Sicurezza partecipata sono diventati concetti e bagaglio culturale di tutti. Le condizioni socio-economiche e la mult-ietnicità del nostro Paese hanno portato i cittadini e le Istituzioni a rivedere le dinamiche di Sicurezza e i reciproci rapporti, al fine di migliorare le condizioni di vita delle città e dei piccoli centri. L’isolamento dovuto all’individualismo che si è venuto a creare all’interno delle nostre comunità, con tutte le problematiche ad esso connesse, ha risvegliato il carattere forte e determinato degli italiani che finalmente, guidati dal volontariato, si stanno riprendendo i propri territori difendendosi dai reati predatori in stretta collaborazione con le Forze dell’Ordine.  Nascono così aggregazioni spontanee di cittadini, abitanti nelle stesse vie o nello stesso condominio o addirittura quartiere, che imparano ad eliminare le vulnerabilità che rendono più facile l’agire dei ladri e delinquenti vari, recuperando di conseguenza, un rapporto efficace con le Forze dell’Ordine locali con le quali collaborano a stretto giro e senza mai sostituirsi a loro”

Come inizia questo percorso virtuoso tra cittadini e Forze dell’ordine?

“Le pratiche di controllo di vicinato non sono certo un’invenzione italiana, poiché sono nate negli anni 60’ in America per poi arrivare negli anni 80’ in Europa e, vent’anni dopo, anche in Italia, in concomitanza con la nascita della Polizia di Prossimità. Questo servizio vedeva la luce per la prima volta in Italia nel 2003, con personale della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia municipale, che fornivano i poliziotti, i vigili e i carabinieri di quartiere. Già dai primi anni del 2000, quindi, tutti i comandanti di Stazione dei Carabinieri, ricevevano una formazione/informazione, sulle nuove pratiche di polizia urbana e su come ripristinare quel vecchio rapporto di estrema collaborazione che c’era sempre stato con i cittadini, venuto meno a causa delle problematiche prima accennate. La rete spontanea tra i cittadini, quindi, benché non ancora organizzata in gruppi e non tecnologicamente avanzata come ai giorni nostri, e la collaborazione con le Forze dell’Ordine con segnalazioni continue, era sempre stata una realtà tutta italiana. Con il passare degli anni e con l’aumentare del senso di insicurezza nei centri urbani si era reso necessario strutturare questi volontari che partecipavano alla Sicurezza nei loro territori, anche al fine di evitare derive rondiste che andavano all’opposto di quello spontaneo aiuto al quale auspicavano anche le Forze dell’Ordine, sconfinando, a volte, in atteggiamenti prodromici di problemi anche più gravi di quelli procurati dai ladri. L’organizzazione di questi gruppi di volontari, spesso riuniti in comitati di quartiere o associazioni con scopi sociali, prendeva vita grazie all’intervento delle Forze dell’Ordine, le quali, forti di un antico e stretto rapporto con i propri cittadini, riuscivano a mettere in atto delle vere e proprie reti di uomini e donne. Queste persone, formate con riunioni ad hoc tenute dai comandanti di stazione di Carabinieri o dai responsabili dei Commissariati di Polizia di Stato nonché dai componenti della Polizia Locale o Municipale, davano concretezza al concetto di sicurezza partecipata. Le azioni richieste a questi gruppi di cittadini erano sostanzialmente, osservazione delle proprie vie, precauzioni generali per la sicurezza delle loro case e segnalazioni di circostanze sospette o anomale alle Forze di Polizia. Dopo alcuni anni di esperienza di Polizia di Prossimità, grazie all’intervento di alcuni volontari sparsi in tutta Italia, si iniziava a dare una forma e un nome a questi progetti di sicurezza partecipata, chiamandoli appunto gruppi di controllo di vicinato, traducendo in qualche modo il nome dei Neighbourhood Watch anglosassoni. Veniva, quindi, data una struttura ai volontari e creata una metodologia per la diffusione e la messa in pratica del progetto. I primi a fare quest’operazione a livello nazionale sono stato io, insieme a Gianfrancesco Caccia e ai Leonardo Campanale, con i quali nel 2015 fondammo l’Associazione Controllo del Vicinato. Quest’associazione, insieme ad altri gruppi di volontari, riuniti anche in altre forme aggregative, aveva lo scopo di divulgare le pratiche di controllo di vicinato nel Paese per contribuire alla diminuzione dei reati predatori e recuperare la coesione sociale dei cittadini, attraverso la partecipazione e la collaborazione con le Forze dell’Ordine. Le pratiche di controllo di vicinato, ad oggi attivo in quasi 500 comuni italiani, erano subito gradite dalle Forze dell’Ordine e dalle Amministrazioni comunali che, anche in forma autonoma, avviavano poi nei loro territori il CDV ottenendo ottimi risultati. Nel tempo, veniva anche adottata la misura deterrente, consistente nell’apposizione di un cartello stradale, atto ad indicare ai malintenzionati di passaggio, che in quel determinato territorio, la loro presenza non sarebbe passata inosservata. Ogni Comune o gruppo di CDV, decideva quale tipo di cartello adottare, spaziando con la fantasia, con fogge, disegni e colori diversi. Questo è successo anche nel vostro Comune, Pomezia, dove per primo si è mosso il piccolo quartiere periferico di Campo Jemini”

E poi nasce, pochi giorni fa, l’ANCDV: ci spieghi meglio

“Ad oggi esistono molte associazioni che divulgano il Controllo di Vicinato in Italia. Tra queste vogio ricordare sigle come la ANCDV (Associazione Nazionale Controllo di Vicinato), INWA (Italian Neighbourhood Watch Association), ACdV (Associazione Controllo del Vicinato), ACdV-Veneto città Metropolitana di Venezia, ANCDV-Città Metropolitana di Milano, Associazione Brescia Sicura (Controllo di Vicinato Lombardia Provincia di Brescia), ANCDV-Roma Città Metropolitana, ANCDV provincia di Macerata, Comitato Sicurezza Partecipata e Controllo Sociale del Territorio LUGO- Ravenna, Associazione Ravenna-Forlì per il Controllo di Vicinato, ecc. ognuna con proprio statuto e con loghi (e cartelli) diversi. Tutte queste associazioni promuovono, divulgano e aiutano i nascenti gruppi nella realizzazione del progetto delle pratiche di Controllo di Vicinato che nello scorso mese di marzo 2018, ha visto proprio il Ministero dell’interno principale promotore del programma, quale risposta alla proposta istituzionale della Polizia di Prossimità. Questo straordinario risultato, è stato ottenuto grazie ad alcuni qualificati volontari, militanti nelle Istituzioni, che si erano messi a disposizione dei cittadini e delle associazioni di CDV per lo studio e la ricerca sul fenomeno della sicurezza partecipata e del Controllo di Vicinato, intrattenendo rapporti con alcune Prefetture ed anche direttamente con il Ministero dell’Interno. In particolare, il 13 aprile 2017 io stesso, data la mia appartenenza alle forze dell’ordine da oltre trentacinque anni, sono stato ricevuto ricevuto al Viminale durante il mandato del Ministro Marco Minniti, per un confronto sul progetto e le potenzialità di sviluppo in Italia. In quell’occasione, insieme al criminologo Marco Strano (Dirigente Polizia di Stato) e al Cav. Franco Antonio Pinardi (Segretario Naz. Conf. Giudici di Pace e Giudici Tributari), siamo riusciti ad ottenere l’intervento del Ministero dell’Interno sulle Prefetture, per promuovere e consigliare i protocolli d’Intesa sulle pratiche di Controllo di Vicinato con i Comuni. Nei primi mesi del 2018, infatti, molte prefetture ricevevano una direttiva proprio a firma di Marco Minniti, per promuovere le aggregazioni spontanee dei cittadini a mezzo dei protocolli d’intesa con i Comuni sulle pratiche di Controllo di Vicinato (come naturale risposta al testo coordinato del decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14 recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 93 del 21 aprile 2017 e legge di conversione 18 aprile 2017, n. 48). Nella Legge, il Ministro Minniti disponeva la promozione del rispetto della legalità e più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile, anche a mezzo di Sistemi di sorveglianza e monitoraggio attivo da parte di privati associazioni di categoria o consorzi o comitati comunque denominati costituiti ad hoc fra imprese, professionisti o residenti. Quindi, con la benedizione ufficiale del Ministero dell’Interno, il programma del CDV diventava finalmente il progetto di tutti e per tutti i cittadini Italiani. Quest’agevolazione della prassi tra Prefetture e Comuni, da tempo auspicata da tutti i volontari del CDV, produceva una ulteriore crescita e nascita di associazioni di volontariato, per la realizzazione del progetto del CDV, in varie parti di Italia. La grande implementazione di realtà associative ha pertanto sollecitato la mente di alcuni volontari, già da qualche tempo operativi nel campo dell’associazionismo del CDV, i quali hanno considerato ormai maturi i tempi per la nascita di una Rete associativa”

Quali sono i motivi della nascita di questa nuova realtà?

“La nuova associazione, ANCDV – Associazione Nazionale Controllo di Vicinato nata a Roma il 16 maggio scorso,  mira a accogliere tutte le associazioni esistenti intenzionate ad aderire, al fine di realizzare una rete più ampia possibile, coinvolgendo un numero sempre maggiore di organizzazioni che promuovono la Sicurezza Partecipata: il tutto con l’unico obiettivo di migliorare il progetto del Controllo di Vicinato e la sua divulgazione nell’intero territorio italiano. ANCDV, presieduta da Leonardo Campanale (tra i primi promotori del progetto in Italia) e con un alto livello dirigenziale (Roberta Bravi, Rodolfo Principi, Paolo Ruotolo, Mirella Seccafieno, Stefano Leprini), proviene in gran parte dalla precedente esperienza in ACdV, e ha ottenuto subito il plauso di Amministrazioni e di molti volontari sparsi per il Paese, i quali hanno aderito alla rete nazionale con le loro associazioni e/o i loro gruppi. Le preoccupazioni di alcuni volontari, in precedenza soci di altre associazioni, relative al cambiamento e alle conseguenti conferme degli incarichi nei propri territori, sono state subito fugate poiché, essendo il progetto del CDV patrimonio di tutti i cittadini Italiani, non importa a quale associazione si faccia riferimento, ma è sufficiente continuare nell’operato di coordinatore o referente locale comunicando, in accordo con i componenti dei gruppi, alle loro amministrazioni, l’avvenuta adesione alla nuova realtà associativa nazionale. A supporto di quest’affermazione, viene in aiuto anche il ragionamento logico, relativo al fatto che le migliaia di cittadini italiani facenti già parte di gruppi di controllo di vicinato in tutta Italia, non sono mai stati soci di alcuna associazione ma hanno sempre comunque operato nei loro territori, mettendo in atto le pratiche di controllo di vicinato come gli erano state insegnate. Nella neonata Associazione Nazionale Controllo di Vicinato hanno confluito da subito tutti gli autorevoli personaggi Istituzionali che in precedenza avevano fatto parte di ACdV e dalla quale si sono recentemente dimessi, tra i quali il criminologo Marco Strano (Dirigente Polizia di Stato), il Cav. Franco Antonio Pinardi (Segretario Naz. Conf. Giudici di Pace e Giudici Tributari), l’architetto Urbanista Umberto Nicolini. A fianco della Rete Nazionale ANCDV  anche la neonata associazione INWA- Italian Neighbourhood Watch Association, da me presieduta, nata come gruppo di lavoro per lo studio e la ricerca sulla sicurezza partecipata e le pratiche di controllo di vicinato. Al suo interno un gruppo di studio composto anche dal criminologo dott. Marco Strano, dalla dott.ssa Mirella Seccafieno, dott.ssa Chiara Caccetta, dott. Riccardo Luzzi”

Il Controllo di Vicinato come patrimonio nazionale…

“Il controllo di vicinato non è mai stato un marchio e non ha alcuno scopo di lucro, è puro volontariato e, per questo, di tutti e per tutti. Nessuno, in Italia, potrebbe mai rivendicarne la proprietà intellettuale poiché, tutti, ci siamo limitati ad adottare un progetto già presente da moltissimi anni in quasi venti paesi europei, oltre che in America, ai quali dobbiamo tanto per avercelo insegnato. I cittadini e le Amministrazioni locali intenzionati a far nascere progetti di controllo di vicinato nei propri territori, potranno tranquillamente rivolgersi ad una qualsiasi associazione presente in Italia che promuova e divulghi il progetto del CDV per ottenere supporto e modulistica per l’avvio di questo straordinario progetto di Sicurezza Partecipata. Dal canto suo ANCDV invita i cittadini italiani a costituirsi in associazioni locali di controllo di vicinato per potere autonomamente promuovere il progetto all’interno dei propri territori, affiliandosi successivamente alla Rete Nazionale per il supporto e la sinergia auspicata. Ultimo suggerimento, relativo alla scelta del cartello da apporre in strada: occorre scegliere quello che più piace tra quelli creati dalle associazioni alle quali ci si andrà a rivolgere, oppure se ne può inventare uno nuovo come fanno in America e negli altri paesi Europei. Il CDV non è il cartello, ma è la filosofia di vita che i cittadini decideranno di adottare”

 

 

 

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