Così il sistema “aggirerà” il Movimento cinque stelle
E’ così che la “democrazia” diventa un gioco tra interessi contrapposti, M5S e governo.
Premetto che appartengo alla schiera che “non appartiene”. Cioè a quelli che non si riconoscono, in senso assoluto, in alcun partito o movimento. Per dirla meglio, mi sento tra quelli che vorrebbe una società migliore e una Nazione degna di questo nome, non il successo di una parte ai danni di un’altra. Perché ciò che rende impossibile ogni speranza di cambiamento è proprio questo atteggiamento partigiano che ha un solo modo di esprimersi: lo scontro. E in omaggio allo scontro, tutto si giustifica: si denigrano gli avversari, si costruiscono notizie false, si impediscono manifestazioni. In poche parole, si abbassa il profilo della convivenza civile e prevalgono sentimenti di rabbia o di vendetta.
In un clima di questo genere, anche la proposta politica più assennata diventa “di parte”, quindi non si prende in esame, anche per renderla sostenibile, semmai si sostiene o si combatte. Altrettanto vale anche per le proposte politiche peggiori che vengono difese come strumento di prevaricazione o vendetta (si torna a parlare di riforma della Costituzione).
In un clima civile non ci sarebbe bisogno di un “vincitore”, come si sente dire dappertutto, dai bar ai talk show (spesso il livello della conversazione è identico, così come le conclusioni). Il valore su cui si fonda la democrazia è la “rappresentanza”. Che non funziona solo quando una parte prevale sull’altra e raccoglie da sola tutta la maggioranza, ma quando, in omaggio ai “valori condivisi” si trova una linea di azione che consenta di ritrovarsi. Non c’è niente di strano se si registra una differenza su alcune proposte. Ciò che conta è l’affermazione dei valori sui quali si fonda la convivenza civile.
Il problema è proprio qui. Sono ormai diversi i partiti che utilizzano la “politica”, non per il benessere dal Paese, ma per quello dei propri leader (nemmeno quello degli elettori). Magari invocano democrazia e intonano canti della resistenza o dicono di ispirarsi a nobili teorie economiche, ma nel momento di assumere decisioni non si fanno scrupolo di lasciare senza pensione cittadini che hanno regolarmente pagato i contributi per anno, né provano pudore a condonare debiti alle imprese di slot machine o ripianare con i soldi pubblici le conseguenze di avventure finanziarie private.
E’ così che la “democrazia” diventa un gioco tra interessi contrapposti. E i partiti, sono pedine che hanno lo scopo di garantire un gruppo o l’altro. Da questo gioco rimangono esclusi tutti quei cittadini che ancora credono nei valori della democrazia e non intendono partecipare alla contesa e che… per non avere una parte per cui tifare, vengono chiamati “indecisi”. Come se la democrazia dovesse ridursi alla scelta (decisione) della “combriccola” per cui parteggiare.
In un clima di questo tipo si sono celebrate le ultime elezioni politiche (sperando che non siano davvero le “ultime”). Che non avrebbe prevalso nessun partito in particolare si sapeva già. Il sistema elettorale era stato congegnato proprio per evitare che ciò accadesse. E per quanto mi riguarda, diffido di “premi” che consentano a chi non ha la rappresentanza di sentirsi il padrone assoluto del Paese. In un sistema in cui coesistono diverse posizioni (ed è un valore) la soluzione più logica è democratica è quella di promuovere il dialogo, non quella di costruire meccanismi di prevaricazione. Ciascuno, in modo civile, farà un passo indietro sulle proprie pretese e lo farà nell’interesse del Paese. E sarebbe una scelta nobile.
Ma la politica, ormai, non ha più nulla di nobile. E tutto si riduce nel calcolo per prevalere o “fregare” l’avversario, anche creando finte coalizioni che durano poco o sono legate da interessi “diversi” rispetto al “bene comune”.
In questo scenario il partito che ha ottenuto il maggior numero di voti è il Movimento cinque stelle, la coalizione che ha ottenuto il maggior consenso è quella di destra e il partito che ha registrato la più grave emorragia di elettori è il PD, seguito da Forza Italia.
Ammesso che si riconosca che a vincere siano stati il M5S e la Lega, non si comprende che cosa si intenda per “vittoria” se questa non è capace di tradursi in una coalizione capace di governare. In definitiva, infatti, vince chi riesce a governare, non chi riporta un successo nelle urne. E fanno male (a mio avviso) Di Maio e Salvini, a mostrarsi come vincitori, non avendo la forza di governare singolarmente. Molto furbescamente il PD, già prima dei risultati definitivi proclamava, prima che glielo chiedesse qualcuno, di non avere alcun interesse a governare (excusatio non petita, accusatio manifesta), quindi andrà sicuramente al governo, “per senso di responsabilità”.
Non mi scandalizza alcuna coalizione perchè credo nella democrazia e non mi piace la demonizzazione di nessuna forza politica, soprattutto se a sostenerla è un voto espresso democraticamente. Ma si ha la sensazione che i “giochi” del nostro sistema prevarranno sull’esito delle urne.
La prova del fuoco sarà l’elezione dei presidenti della Camera dei deputati e del Senato. Credo che commetta un grave errore il M5S a invocare il “diritto” di avere una presidenza. Sia perché l’elezione non avviene in ragione di “diritti acquisiti”, sia perchè, più forte è l’appello rivolto al Paese, più debole è la possibilità di riuscirci. Il voto viene espresso dalle aule parlamentari. Ed è con i suoi componenti che deve trovare l’accordo, non con il Paese, con il quale, la maggior parte dei partiti non ha alcun contatto.
L’elezione dei presidenti sarà la prova del nove che manifesterà la vera maggioranza delle Camere. Se saranno eletti i rappresentanti di Lega e M5S significherà che queste due forze avranno imparato a dialogare e fare maggioranza contro il sistema che affermano di volere combattere. Ma c’è il rischio, molto probabile, che la Lega si sfili dalla morsa del Movimento e rimanga attratta dalla tentazione di un’alleanza con Berlusconi e il PD.
Può accadere, infatti che il “sistema” sappia trovare “buoni argomenti” per convincere la Lega a isolare il M5S eleggendo, sia alla Camera, sia al Senato, un presidente estraneo al Movimento. Così dimostrerebbe di poterlo indebolire e ridurrebbe ogni pretesa di governare il Paese.
Con profondo rammarico, temo che quest’ultima possibilità non sia poi così lontana.