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Perfetti Sconosciuti

By Redazione on 1 Marzo 2016
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Perfetti Sconosciuti

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un "selfie" durante il film

un “selfie” durante il film

Ovvero: l’amore ai tempi della connessione dati

“Nessun film dell’orrore saprebbe essere così pauroso come quella sensazione glaciale, toccando la propria tasca, di non sentire più il proprio Smartphone”(Twitter anonimo)

A pensarci bene un‘idea così, è incredibile che non sia venuta prima di oggi a qualcuno. Scrivere una commedia, o per meglio dire una commedia di costume come questa, raccontando soltanto (si fa per dire) il rapporto morboso e malato che ormai tutti abbiamo con quell’aggeggio malefico e fantastico che è il telefono cellulare, possibile che non era venuta a nessuno?

Ebbene, ci ha pensato, e l’ha scritta Paolo Genovese, un regista che dimostra ancora una volta la sua capacità di acuta osservazione dei fenomeni sociali, riuscendo a fare quello che i suoi colleghi italiani non fanno mai, troppo legati come sono al “qui e oggi”: e cioè scrivere una storia che esca dagli stereotipi e i confini del nostro paese.

Perché “Perfetti sconosciuti” è una storia italianissima ma che, come si affretta a dire in conferenza stampa un raggiante Giampaolo Letta, che lo ha prodotto per Medusa Film (e che è già sommerso da richieste di acquisto dei diritti del film dall’estero) :«può tranquillamente essere una storia ambientata a New York, come a Tokyo o in ogni altra parte del mondo.»

Comunque, qui siamo a Roma, nell’autunno del 2015, riconoscibile dai tanti cartelli pubblicitari disseminati della decima Festa del Cinema capitolina, ripresi volontariamente per lasciare un marchio temporale. Rocco ed Eva sono una coppia borghese, agiata e lievemente in crisi di coppia, sicuramente in crisi d’identità genitoriale, incapaci di fare i conti con una figlia quasi diciottenne, dai modi quasi insopportabili. Eva e Rocco hanno organizzato una cena, chiamando due coppie di amici e un altro amico di vecchia data, Peppe, che dovrebbe, proprio quella sera, presentare la sua nuova fidanzata, l’ennesima par di capire dai discorsi che gli altri fanno nell’attesa. Peppe si presenta da solo però, butta giù una scusa a cui nessuno crede e quindi si mettono a tavola per la cena in sette.

E qui, tra l’antipasto e il soufflé che Eva, con molta malizia chiede a tutti di fare un bel gioco: condividere per quella sera tutti gli Smartphone, leggendo ogni messaggio a voce alta, rispondendo alle telefonate in viva voce così da palesare a tutti i presenti ogni parola detta o scritta.

Quello che accadrà sarà esplosivo, con un equilibrio perfetto nella comica che inevitabilmente tracimerà nel dramma, travolgendo tutto e tutti come uno tsunami. Un esercizio quasi letterario messo in piedi da ben 5 sceneggiatori, Genovese compreso, che costruiscono dialoghi di grande efficacia, al ritmo via via sempre più incalzante che costringerà alla partecipazione attiva lo spettatore. Un film fotografato e diretto in maniera sublime, con un cast eccezionale che straborda dai soliti ruoli della commedia di costume dove qualcuno di loro era stato relegato per troppo tempo, per elevarsi tutti, davvero tutti è il caso di dirlo in una grande interpretazione. Marco Giallini sembra aver fatto il salto definitivo, è il centro di questa storia e se ne prende carico con eleganza, senza strafare, soppesando ogni gesto come fanno appunto i più bravi, ma anche gli altri interpreti sono un gradino sopra il loro standard, a parte forse Kasia Smutniak che patisce più degli altri la vicinanza del mattatore Giallini. Superlativi sono quindi anche Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston, Edoardo Leo (irriconoscibile nella sua maturità artistica) Alba Rohwacher e la sorpresa più grande del film, Anna Foglietta, dolorosa moglie in crisi con i nervi a pezzi e il bicchiere sempre troppo pieno.

Forse il più bel film italiano degli ultimi quattro anni, forse un film che entrerà nell’immaginario collettivo assumendosi il ruolo di spartiacque generazionale, per costringere tutti, uomini e donne, a guardare dentro il pericoloso baratro dei 40 anni e a specchiarsi, attraverso l’uso che si fa di quell’aggeggio elettronico, dentro le proprie insicurezze e le ipocrisie con cui spesso nutriamo le nostre esistenze.

IL TRAILER

https://www.youtube.com/watch?v=Kp8JX3-b9tw

Mauro Valentini

1 Comment
  • andrea 9 anni ago

    Dopo una recensione così entusiastica viene voglia di andarlo a vedere…Dal trailer non sembrava uno spunto così originale a dire il vero. Però quasi tutti ne parlano benissimo quindi un motivo ci sarà. Anche se i film molto “parlati” (alla francese) e molto teatrali non sono il mio forte

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