Il 18 febbraio 2016, in concomitanza con il decennale della morte di Luca Coscioni, si è tenuta presso una delle Sale del Senato un convegno riguardante la ricerca sugli embrioni e il relativo rapporto con la legislazione italiana. Grazie a tale iniziativa dell’associazione “Luca Coscioni” si è potuto affrontare questo controverso dibattito al quale hanno potuto intervenire diversi esponenti. La rivendicazione della libertà scientifica è una lotta che viene portata avanti da diverso tempo. Il nucleo centrale della questione ruota intorno alla “legge 40” del 19 febbraio 2004, legge fortemente ambigua che impone notevoli divieti e limitazioni ai ricercatori.
Per fare chiarezza su questo tema partiamo prima di tutto da una importante distinzione. Esistono due tipologie di embrioni: quelli ritenuti “idonei” per sostenere una gravidanza e quelli invece ritenuti “non idonei”. Quest’ultimi vengono destinati alla crioconservazione e non possono essere utilizzati per la sperimentazione. Per questo motivo i ricercatori italiani vengono costretti così a richiedere, invece, embrioni provenienti dall’estero.
Importante è anche definire cos’è un embrione e cosa non lo è. Oggetto della sperimentazione, infatti, è il cosiddetto “blastocisti” e non l’embrione che tutti comunemente conoscono. Esso corrisponde allo stadio pre-embrionale che si ha alle prime settimane di gravidanza. Di per sé non può considerarsi un individuo, ma solo un suo “progetto futuro”. Per merito del progresso e della ricerca scientifica, le blastocisti ora possono essere ricreate anche nei laboratori. Le staminali embrionali hanno la capacità di poter ricreare qualsiasi tessuto, a differenza di quelle adulte che, essendo già cellule specializzate, non hanno tale proprietà. Proprio per questa loro capacità, le staminali embrionali potrebbero essere utili alla ricerca scientifica per cure di malattie al momento inguaribili. Grazie alla ricerca si possono ottenere cellule con proprietà simili a quelle delle staminali embrionali, le cosiddette iPS. Per cui, sia le iPS che le staminali embrionali riescono a produrre più tessuti.
Citando le parole di Michele de Luca (direttore del CMR Università di Modena e co-Presidente dell’associazione “Lucacoscioni”) molte persone considerano che utilizzare le cellule embrionali sia “contro natura”. Agli occhi dei ricercatori questo invece rappresenta una nuova frontiera per la scienza e “contro natura” è invece vietare la ricerca sulle cellule embrionali per migliorare la vita altrui. Emma Bonino incolpa molto anche i mezzi di comunicazione, i quali spesso trasmettono un messaggio negativo sulla ricerca sperimentale. In Italia, inoltre, è molto avvertita l’influenza della Chiesa, che agisce in questo senso negativamente con il suo atteggiamento antiscientifico (sebbene lo Stato italiano si definisce nella costituzione uno “Stato laico”). Infatti, in molti altri Paesi la sperimentazione embrionale è possibile e le relative leggi risalgono anche a diversi anni fa.
E’ una tendenza comune pensare che ciò che sia “naturale” sia di conseguenza “buono” o “sano”. Queste parole non sono in realtà per niente sinonimi e non necessariamente ciò che è naturale è automaticamente una cosa positiva, buona o giusta. Il discorso bioetico è complicato ed è anche necessario che la scienza si ponga dei limiti. Si può condannare l’utilizzo delle staminali per curare gravi malattie? Vi invito a riflettere su tale argomento e, soprattutto, a scavare oltre le superficiali informazioni al riguardo.