Di Martina Farci
“Io non credo alle favole della buona notte” dice un bambino ad un adulto. Solo che il bambino si chiama Peter, l’adulto è il pirata Barbanera e la favola in questione è Peter Pan. Nell’ennesima trasposizione dell’ormai classico romanzo di J. M. Barrie, il regista Joe Wright riporta sul grande schermo l’origine della leggenda del bambino che non voleva crescere. Perché noi, invece, a quella favola ci abbiamo sempre creduto. Abbandonato dalla madre nei pressi di un orfanotrofio a Kensington, Londra, Peter (Levi Miller) cresce con un ciondolo lasciatole da lei a forma di flauto e una lettera in cui gli dice che un giorno si rivedranno “in questo mondo o in un altro”. Per dodici anni, però, non vede altro che il luogo dove è costretto a vivere, almeno fino al giorno in cui, durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, viene rapito, insieme ad altri bambini, dal pirata Barbanera (Hugh Jackman), e portato sull’Isola Che non C’è. Qui incontra James Uncino (Garrett Hedlund) e, successivamente, Giglio Tigrato (Rooney Mara).
Se l’ultimo film proposto al grande pubblico era Neverland – Un sogno per la vita, dove veniva narrata, in modo quasi biografico, la vita di J. M. Barrie, ora con Pan – Viaggio sull’isola che non c’è si torna a raccontare la storia di fantasia, speranza e commozione che ha incantato bambini e adulti di tutto il mondo per intere generazioni. Joe Wright, grazie anche ad un budget degno dei migliori blockbuster – 150 milioni di dollari, cifra che però ha rischiato di far fallire la Warner Bros, dato il deludente incasso – si affida ad un cast stellare e a un susseguirsi di effetti speciali, impreziositi anche dall’uso del 3D. Tutto sembra impeccabile, forse troppo, compresa una colonna sonora audace che racchiude addirittura alcuni brani dei Nirvana e dei Ramones. Eppure quello che ci viene raccontato può definirsi quasi un prequel, che trova senza ombra di dubbio il favore dei più piccoli, meno, forse, quello dei più grandi. Hugh Jackman è un Barbanera più preoccupato del suo aspetto fisico che di salvaguardare la profezia, mentre Rooney Mara è una perfetta Giglio Tigrato, tra fate, tribù e un bambino da convincere che è speciale. E lo è veramente, soprattutto grazie a quegli occhi azzurri che rendono Levi Miller un impeccabile Peter Pan. Perché, nonostante tutto, è difficile rimanere impassibili di fronte a quel ragazzino che non voleva crescere ma che sapeva volare e che, ancora una volta, ci ha permesso di andare con lui sull’isola che non c’è. E di ricordarci che alle favole della buona notte, noi, ci abbiamo sempre creduto, compreso quella “seconda stella a destra fino al mattino” che ci ha fatto sognare un mondo diverso.
Martina Farci