Friday, January 31, 2025

Suburra Roma senza legge e senza speranza

image_pdfimage_print
una scena del film

una scena del film

Una pioggia incessante. La città eterna allagata da un’acqua fredda e livida, tante cravatte e cravattari che come formiche agguerrite riempiono e si agitano dentro locali biechi e abbietti. Sua Santità sta meditando le dimissioni, mentre al contrario le dimissioni le sta cercando di evitare il governo Berlusconi. Inizia così, in quel novembre del 2011 quello che sta diventando senza dubbio il caso cinematografico dell’anno: “Suburra”, ovvero la Gomorra romana, il romanzo criminale degli anni duemila, di Mafia Capitale e di un vorticoso intreccio di interessi malavitosi tra curie, uffici politici, boss del litorale e della periferia, la Sub-Urbe appunto, violenta cinica e maledetta.

Il regista Stefano Sollima ha ormai un’abilità narrativa collaudata da due grandi serie TV come appunto Gomorra e Romanzo Criminale, ma sa anche che il cinema ha altri tempi, altri piani stilistici e che quando ci si è cimentato in passato non ha avuto i risultati che invece gli hanno riconosciuto tutti nel piccolo schermo. Giusto allora chiedere l’aiuto di due grandi sceneggiatori, dai nomi forse non troppo noti al grande pubblico, ma con un curriculum incredibilmente prolifico di successi come Stefano Rulli e Sandro Petraglia.

Ed il tocco si vede subito, perché il progetto (che diventerà neanche a dirlo una serie TV quanto prima) riesce completamente; una storia che si dipana in sette giorni, dal 5 al 12 novembre, sette capitoli distinti che raccontano il tentativo da parte di grandi gruppi criminali di ottenere da politici corrotti la possibilità di trasformare a colpi di cemento e di pistola il litorale della Capitale nella Las Vegas “de’ noantri”.

C’è il referente delle grandi famiglie mafiose, c’è il boss malefico e pazzoide che controlla Ostia, il capo degli zingari e in mezzo a questi “galantuomini” c’è la politica e la chiesa, che sembrano dirigere ma che in realtà appaiono manovrati da chi sa esser così spietato da non risparmiare amici, bambini e giovani donne pur di arrivare al Dio denaro.

Impossibile e sarebbe anche un esercizio di stile inutile raccontare gli intrecci del film, che va vissuto più che visto, tanta è la capacità avvolgente che esprime ad ogni inquadratura. Quello che rimane dentro è un senso di potente impotenza difronte a quello che, si comprende subito dai precisi riferimenti durante tutto il film, non è purtroppo figlio della fantasia degli autori ma aderente alla realtà criminale capitolina. Ed alla “realpolitik”.

Quello che forse nell’opera di Sollima si guadagna in termini di ritmo e spettacolo si perde però in chiarezza narrativa, con qualche inciampo nella logicità del racconto ma che non pregiudica la qualità di un film davvero molto bello e che sarà destinato a far discutere.

Claudio Amendola

Claudio Amendola

Gli attori sono stati scelti con cura, hanno una fisicità prorompente ed esplosiva nei comprimari (ma tutt’altro che coprotagonisti) come Adamo Dionisi e Alessandro Borghi, due boss perfetti nei loro sguardi spietati, mentre un gradino più sotto le “star” di Pier Francesco Favino ed Elio Germano che non brillano come sempre, un po’ travolti dalla cattiveria e dalla velocità di una sceneggiatura scritta senza nessuno sconto stilistico ed emozionale. Un discorso a parte merita Claudio Amendola, che ha un ruolo cardine in questa epopea criminale, è il “deus ex machina” di questa sporca Suburra, un protagonista scritto così bene da lasciare il dubbio che forse la sua bravura sia anche merito delle penne di chi ha creato il suo personaggio.

Mauro Valentini

Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *