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Parkour, mon amour

By Marina Landolfi on 27 Maggio 2015
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Parkour, mon amour

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È nato nei sobborghi di Parigi negli anni Ottanta, si è diffuso in molti altri Paesi, tra cui l’Italia, in cui approda nei primi anni Duemila, con centinaia di giovani che iniziano a praticarlo. È il parkour (adattamento inglese del francese parcours, percorso), ‘l’arte’ di sapersi spostare da un punto all’altro della città superando in modo creativo, fluido e atletico gli ostacoli naturali o artificiali che si incontrano: arrampicate e volteggi per congiungere scalinate, ringhiere e muri in un continuo esercizio di precisione.

Tra i tanti appassionati di parkour (abbreviato PK) di Pomezia, ho intervistato due giovani trainer, Eros, 23 anni e Roberto di 22 anni, da otto anni traceur (così si chiama chi lo pratica), che saltano e fanno acrobazie sul nostro territorio, sempre nel rispetto dell’arredo urbano e della natura.
Ho iniziato a fare parkour per caso, vedendo un giorno a p.zza S. Benedetto un ragazzo che faceva una capriola in avanti, scavalcava facilmente muretti e ringhiere, ed è stato amore a prima vista” ci confida Roberto. ”Ho iniziato ad allenarmi con un amico sotto casa, dopo aver visto tanti video su internet”.
Anche Eros è stato catturato in maniera fortuita, entrando in un gruppo PK sul web. “Quando ho iniziato era un periodo in cui non facevo nessuno sport, e passavo il tempo al pc, giocando alla playstation. Volevo imparare in fretta e con un amico iniziai a vedere video e a fare qualche salto, fino a formare un gruppo con altri ragazzi. Cominciammo ad allenarci insieme e ancora lo facciamo”.

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Per ogni traceur, è molto importante l’allenamento psico-fisico, che prevede esercizi di corsa abbinata a ginnastica acrobatica: oltre a duri allenamenti con flessioni, addominali e piegamenti, bisogna dedicarsi soprattutto a una preparazione mentale, per oltrepassare i propri limiti e aumentare la consapevolezza dei propri mezzi.
“Mi riscaldo dai 20 ai 40 minuti per prepararmi ad atterraggi, sforzi e urti, poi mi dedico a una sessione di potenziamento, affino la tecnica, soprattutto con gli esercizi nuovi, per poi concludere con lo stretching’’ afferma Eros. “Senz’altro in alcune situazioni c’è da fare i conti anche con la paura, soprattutto quando si affrontano nuovi passaggi. Se però viene presa nel verso giusto, è, al pari delle altre emozioni, una buona compagna. Ci aiuta ad affrontare le situazioni con coraggio, ad avere fiducia nelle nostre capacità e a metterci in gioco, per raggiungere quelli che io chiamo ‘trofei giornalieri’”.

Ogni movimento è il risultato di calcolo, concentrazione e preparazione, che però deve avvenire con discernimento: se la prima regola è quella di non essere bloccati da un ostacolo, la seconda riguarda i ‘limiti personali’. ”Io mi alleno 3 volte a settimana: potenziamento, salti, estensioni e corsa, ed esercizi per le braccia, con trazioni alla sbarra e piegamenti” aggiunge Roberto. “Purtroppo molti ragazzi si avvicinano a questa disciplina per moda, o per manie di esibizionismo. Per me è l’errore più grande, perché parkour deve aiutare a disciplinarsi, a superare gli ostacoli personali e le paure e non ad esibirsi ed entrare in competizione con gli altri. A chi vuole avvicinarsi a questa disciplina, io dico che è bella, a me ha dato forza, sicurezza in me stesso e tante soddisfazioni”.
Il gesto atletico diventa così allenamento mentale per prendere decisioni nella vita di tutti i giorni.Per Eros è un’opportunità per riflettere, mettersi in discussione e imparare a scegliere.“A chi si vuole avvicinare al PK, suggerisco di prendersi tutto il tempo necessario per potenziare il fisico e prendere confidenza con sé stessi.Oramai sul web ci sono tutorial e clip che spiegano come fare gli esercizi. Inoltre ci sono anche corsi che vengono organizzati per apprendisti traceur. A Pomezia, c’è il Qube (Via dei Castelli Romani, 2 vicino ai Padigloni), dove andiamo anche io e Roberto, ma ci sono anche tanti spazi cittadini, tra cui P.zza A. Moro e Via Singen.

Internet ha fatto conoscere questa disciplina metropolitana e l’ ha resa cool, anche se per la pratica bastano scarpe da ginnastica e pantaloni comodi.
È stata fondata da David Belle (inizialmente insieme al gruppo Yamakasi), addestrato con il metodo George Hébert, fatto di movimenti naturali che si compirebbero d’istinto nelle situazioni che la natura presenta e richiede.
I valori del PK, di rispetto per se stessi e di conoscenza dei propri limiti, sono sintetizzati in queste sue parole: “Per capire cosa è il Parkour si deve pensare alla differenza che c’è tra quello che è utile e quello che non è utile in eventuali situazioni di emergenza. Solo allora potrai capire ciò che è Parkour e ciò che non è”.
Anche il cinema si è interessato a questa stravagante disciplina, tanto che sono stati realizzati film e documentari.

  Pomezia
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