“Chi non ha figli non può capire” oppure “una donna senza figli è una donna a metà” sono frasi connaturate da un forte giudizio e pregiudizio, che appartengono ancora al nostro vocabolario comune, dunque al nostro bagaglio culturale, e che dimostrano i confini del nostro immaginario collettivo ed individuale. Delimitano il raggio d’azione nel quale si muovono le aspettative non solo di una società, che attribuisce da sempre alla donna il ruolo implicito di madre, ma anche delle persone immediatamente prossime a ciascun individuo.
Si chiama Lunàdigas, termine con cui il dialetto sardo chiama le pecore sterili, ed è un progetto in itinere pubblicato lo scorso 22 gennaio, ideato dalle due registe Nicoletta Nesler e Marilisa Piga. Non si limita ad un film, ma vuole essere un Web Doc, una raccolta di contenuti multimediali, che estende l’immaginario collettivo verso un gruppo molto ampio di donne: le non madri.
Le non-madri a volte l’hanno scelto, a volte no. Esistono donne che nascono con un senso materno già legato alle budella e scritto nei mitocondri, altre che si sentono in colpa di non averne e cercano delle banche che lo diano in prestito con bassi interessi. Esistono donne che hanno avuto paura e si sono fermate prima, altre che temono di non sentirsi mai all’altezza di essere madri, altre per le quali esserlo è una condizione imprescindibile, altre che attendono prima che la loro relazione di coppia si consolidi, altre che bastano a se stesse come famiglia e vogliono essere madri senza mariti, altre che ci provano per anni senza mai riuscirci, altre che sono diventate madri per scelta altrui. Esistono tante storie quanti sono gli esseri umani ed esistono altrettanti sentimenti ed emozioni, legati a questi, che non dovrebbero mai essere incatenati in uno stereotipo. Poiché non può esistere una sola condizione che faccia felici tutti, tutti insieme.
Le protagoniste di questo progetto hanno raccontato le ragioni della propria scelta e lo hanno fatto coniugandosi al plurale: timide, riservate, ironiche, ciniche, fiere, arrabbiate, libere e libertarie sono tutte la testimonianza individuale e profonda di una scelta ragionata e del tutto intima e soggettiva, che vuole descrivere una realtà comune, di cui alle volte si tende ancora (addirittura) a provare vergogna.
Il volere delle autrici è quello di illuminare un angolo nascosto di riflessione, per discutere senza più stereotipi e pregiudizi riguardo la decisione sempre crescente di non volere figli, che ad oggi viene ancora considerata “strana”, “alternativa”, “egoistica”, tanto da non essere accettata da chi ha avuto un’esperienza diversa.
Poi (forse) può pure essere vero: chi non ha figli alcune cose non può capirle. Come pure (forse) può essere altrettanto vero che chi è genitore non potrà mai comprendere tutto di chi figli non ne ha.