La democrazia partecipativa e i suoi limiti: il caso di Pomezia, ad un anno dalla “svolta” grillina

Da molti anni ormai si sente parlare di “democrazia partecipativa”.

Addirittura, se andiamo sui motori di ricerca, sulla rete esiste un numero incredibile di pagine, multilingue, che trattano tale argomento.

Ma cos’è la democrazia partecipativa?

E’ sicuramente una risposta forte al disagio derivante dalla crisi della democrazia rappresentativa: i politologi la definiscono semplicemente come un “relazionamento della società con le istituzioni”.

Quello che è successo nella nostra Pomezia, circa un anno fa, è emblematico da questo punto di vista: i cittadini, dopo anni di governi locali travagliati, hanno eletto come nuovo Sindaco della Città il cittadino Fabio Fucci, già Consigliere comunale del Movimento 5 Stelle.

Quindi, basta “vecchi” personaggi legati alla politica del passato….avanti con la svolta di un semplice cittadino alla guida della Città e di un Movimento che promette di mettere al centro della politica il cittadino e i suoi bisogni.

In questo modo, il concetto stesso di democrazia partecipativa si trasforma in un vero e proprio mezzo per raggiungere specifici risultati politici: ad esempio, una maggiore giustizia sociale, un freno ai grandi interessi, oppure un cambiamento radicale del modello di sviluppo.

A guardare i risultati delle ultime elezioni europee, se concordiamo sull’idea che esse abbiano avuto comunque un significato anche a livello locale, sembrerebbe che questa svolta a Pomezia stia iniziando a dare i suoi frutti, considerando il fatto che il M5s è il primo “partito” in Città.

Per dirla alla Fucci maniera: stiamo vedendo, faticosamente, la luce in fondo al tunnel e tutti – a questo punto proprio TUTTI – ci auguriamo che sia la luce di una ripresa e non quella di un treno che ci sta per investire…

Ma per i bilanci definitivi se ne riparlerà a tempo debito.

Ora il tema è: può la democrazia partecipativa reggere alle speranze e alle aspettative che genera? Può, insomma, mantenere fino alla fine tutte le promesse di cambiamento?

Al riguardo, gli studiosi e i politologi sembrano essere pessimisti: ad esempio, la dott.ssa Stefania Ravazzi, del Dipartimento Studi politici dell’Università di Torino, afferma sostanzialmente che le decisioni prese dalle assemblee dei cittadini risultano, in generale, poco innovative e riguardano prevalentemente interventi di ordinaria amministrazione o progetti di breve periodo.

Come si “partecipa”nella nostra Città?

Il M5s, da sempre, in tema di partecipazione cittadina, predilige il metodo dei gruppi tematici e del forum dove, sostanzialmente, tutti i cittadini possono partecipare al governo locale con idee o proposte, dopo una sorta di registrazione al sito www.pomeziacinquestelle.it .

Ma, forse, va fatto un discorso di qualità piuttosto che di quantità: i gruppi tematici sono una bella idea, ma alla fine corrono il rischio di diventare salotti reali e virtuali per gli “habitué della partecipazione”.

Proprio in questa direzione andava la procedura a bando, con la quale, un anno fa circa, la nostra Amministrazione cercava cittadini disponibili, secondo le loro competenze ed esperienze lavorative, a collaborare con la Giunta: i cosiddetti contratti di liberalità, infatti, avrebbero consentito all’Ente di avvalersi delle idee di cittadini selezionati a costo zero e senza vincoli “contrattuali”.

A mio parere un’ottima iniziativa, alla quale in molti avevano creduto inviando la propria candidatura… ma non se ne è saputo più nulla.

E poi c’è la comunicazione.

La nostra Amministrazione utilizza un po’ tutti i canali per la diffusione di notizie e per l’interazione con i cittadini: il resoconto in piazza; i banchetti informativi, le varie mail “incontra il Sindaco”, “scrivi al Comune” e gli altri indirizzi di posta elettronica e recapiti istituzionali; i social network; le applicazioni informatiche (WeDU – Decoro urbano).

Il problema, come al solito, sono le aspettative generate: risponde il comune di Pomezia? E in che tempi? E’ dotato di personale, formato ad hoc e numericamente congruo con la grande quantità di canali aperti, per la fondamentale attività di comunicazione?

La risposta è no (ad oggi) e sarò felice di rettificare questa mia impressione se qualcuno dimostrerà il contrario.

Solo un dato: ad aprile scorso, su circa 600 segnalazioni inviate attraverso l’applicazione WeDU, solo 117 (meno del 20%) si trovavano nello stato “risolte”.

Si può criticare un’Amministrazione perché non ha le risorse per poter dare riscontro, in tempi certi, ai cittadini che, dopo anni di malgoverno, hanno fame di partecipazione e di risposte ai loro bisogni?

Certamente no e la ricetta, secondo me, è solo una: comunicare meno, comunicare meglio.