Le “foibe” non sono solo voragini rocciose, a forma di imbuto rovesciato, create dall’erosione di corsi d’acqua, che possono raggiungere anche i 200 metri di profondità, ma, in questo modo, rappresentano anche delle inguaribili ferite nella memoria e nella coscienza di molti italiani.
In quei luoghi, in Istria, nel territorio di Trieste e in gran parte della Venezia Giulia, i partigiani delle formazioni di Tito, cui erano in qualche caso aggregate formazioni partigiane italiane, usavano le foibe per eliminare, gettandoveli dentro, i fascisti italiani, militari o civili che fossero.
L’eliminazione fisica e il conseguente “infoibamento” avveniva, spesso, non solo mediante una semplice fucilazione, ma, comunemente, prima di essere gettati nelle fosse, gli uomini e le donne, rastrellati e strappati dalle loro case e condannati senza alcun processo, erano evirati, stuprati, accecati e torturati.
Alcuni, addirittura legati a cadaveri con filo spinato e, quindi, gettati vivi nei crepacci.
Quasi 70 anni di silenzi su questa atrocità: solo nel 2004 viene istituito il Giorno del Ricordo, per non dimenticare i martiri delle foibe, italiani uccisi solo perché italiani.
Il resto è storia di oggi: le Istituzioni “ricordano” e qualche idiota pensa bene di rovinare le celebrazioni, imbrattando monumenti, targhe e scritte in ricordo delle foibe sui muri di alcune città.
Avere memoria è importante: dal passato tutti possiamo e dobbiamo trarre spunto per non commettere più gli stessi errori.
Ma occorre ricordare tutto e tutti…tranne gli imbecilli.
Nato a Napoli, cresciuto a Roma e residente a Pomezia ormai da quindici anni, giornalista pubblicista, mi occupo da sempre di comunicazione e sono convinto che l’impegno civico, unito all’amore per il proprio territorio, possa essere un grande stimolo alla crescita di una collettività partecipe e consapevole